Digitalizzazione escludente

Digitalizzazione escludente

Le barriere digitali per le persone straniere nell’accesso al welfare

Ascolta qui un riassunto del report

Stando a Istat, le persone di cittadinanza straniera nel nostro paese sono più di 5 milioni. La loro permanenza è legata ad un permesso di soggiorno di categorie e durate differenti, stabilite sulla base della motivazione per la quale arrivano in Italia. Insieme alla permanenza dovrebbero essere garantiti una serie di diritti civili tra cui l’accesso a benefit e servizi, ma come ha potuto constatare il team di ricerca non sempre è così. Il dibattito pubblico si concentra spesso su un presunto accesso indebito delle persone straniere al welfare sociale, tralasciando totalmente il fatto che la popolazione straniera presenta un tasso di povertà molto elevato (una persona su quattro vive in uno stato di povertà assoluta) e che circa il 6,6% del totale dei contributi sono versati proprio da cittadini non comunitari. Nel momento in cui ne hanno bisogno, però, in cambio ricevono solo lo 0,4% di quanto versato.

Da ormai quindici anni la digitalizzazione della Pubblica amministrazione, l’e-government è diventata un mantra tra politici e decisori, utilizzato come sinonimo di maggiore efficienza e di progresso del settore pubblico. Si fonda su un’idea per cui l’interazione tra il cittadino e gli organi dello stato avviene di default attraverso strumenti digitali, in autonomia, secondo una retorica di efficienza, rapidità, standardizzazione e semplificazione; dando origine a un contesto in cui le tecnologie diventano la premessa per l’accesso al welfare. La premessa per il welfare è di essere orientato verso il sociale, in modo che benefit e servizi siano distribuiti come beneficio per la società: i processi di digitalizzazione sembrano invece essere orientati senza tenere conto di criteri etici.

Un aspetto che non tiene troppo in considerazione le difficoltà che una sempre maggiore “tecnologizzazione” dei processi potrebbe favorire. Anche in questo settore, seppur sia difficile da intravedere, esistono inclusi ed esclusi: i primi sono i cittadini italiani (anche se in questo caso ci sono delle eccezioni, come le persone senza fissa dimora), i secondi sono le persone straniere che nel nostro Paese sono venute per ragioni di tipo economico, sociale o politico. Una dicotomia che nasce dalla falsa possibilità di accedere a portali e siti web, sia per richiedere prestazioni sociali sia per ottenere informazioni su questi ultimi. 

Una situazione paradossale poiché probabilmente sono proprio le persone straniere che non hanno un contatto con il tessuto sociale italiano ad avere bisogno di accedere in modo sostanziale al welfare. Non ci sono però indagini statistiche nazionali sul livello di alfabetizzazione digitale delle persone straniere, mancanza che non permette di riconoscere il divario digitale esistente tra chi nasce in Italia e chi nel paese ci arriva per questioni lavorative, economiche o di violazione di diritti umani. Un divario digitale che non dovrebbe essere scambiato con “il saper utilizzare uno smartphone”, uno strumento che in certi casi specifici non è il migliore alleato per richiedere a un ente come Inps un beneficio sociale. 

Nonostante la mancanza di dati concreti sull’alfabetizzazione digitale delle persone straniere, che ricordiamo in Italia sono più di 5 milioni, nel 2020 è stato rilasciato il Piano triennale per l’informatica nella pubblica amministrazione, con l’obiettivo di realizzare la piena digitalizzazione dei servizi pubblici sul territorio italiano. 

Da allora, le pubbliche amministrazioni hanno implementato diverse iniziative. INPS dispone di un sito informativo e di un portale online dedicato all’inoltro di richieste per prestazioni sociali. INPS ha inoltre lanciato INPS Mobile, una app istituzionale che dà accesso a numerosi servizi di consultazione e di invio di documenti. Un portale, ANPR, relativo all’iscrizione anagrafica e al cambio di residenza è nelle sue fasi finali di implementazione. 

Il decreto-legge n. 76/2020 ha stabilito che, a partire dal 2021, l’accesso ai servizi della Pubblica Amministrazione deve avvenire attraverso identità digitali: Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID), la Carta di Identità Elettronica (CIE) o la Carta Nazionale dei Servizi (CNS). Dallo stesso anno INPS non accetta altro tipo di autenticazione l’accesso ai suoi portali e ai servizi. Le identità digitali presentano però dei pre requisiti giuridici, come essere in possesso di carta d’identità o essere iscritti all’anagrafe, che possono rappresentare un ostacolo per la popolazione straniera. 

In questo report sono state analizzate in dettaglio molte prestazioni sociali e benefit, quali l’assegno per il Nucleo Familiare (ANF), l’assegno mensile di invalidità civile, l’assegno di maternità per lavoratrici atipiche (Assegno di maternità dello Stato), l’assegno sociale; l’assegno unico e universale (AUU); il bonus asilo nido; la carta acquisti ordinaria; l’indennità di accompagnamento agli invalidi civili; l’indennità mensile di frequenza; la pensione di inabilità; il Reddito di Cittadinanza/Pensione di Cittadinanza; il reddito di libertà.

Per ogni prestazione sono stati considerati i requisiti di accesso e le modalità di richiesta, che in questo secondo caso spesso avviene online solo dopo un’autenticazione tramite identità digitale. È emerso un quadro variegato, per cui alcuni permessi di soggiorno e requisiti di residenza restringono le possibilità di accesso a benefit e servizi, ma non solo. I servizi online sono integralmente accessibili solo in lingua italiana, e richiedono competenze digitali nonché un livello di alfabetizzazione elevato. Stando alla situazione attuale e vista la mancanza di previsioni differenti sul tema, il processo di digitalizzazione delle Pubbliche amministrazioni – ulteriormente favorito dai finanziamenti previsti dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) – non è uguale per tutti e a farne le spese saranno perlopiù le persone straniere, e vulnerabili.

<Monitor numero 0, ottobre 2021

A cura di Laura Carrer

con il contributo di Riccardo Coluccini, Vincenzo Tiani

In questo numero 0 di Monitor trovate gli aggiornamenti degli ultimi mesi sulla campagna Reclaim Your Face, le nostre attività ad ampio spettro sul tema della sorveglianza biometrica e tutela dei dati personali, le più rilevanti novità sui progetti OONI e tracking.exposed, e alcune notizie sui diritti digitali direttamente da Bruxelles. Certo, non potevamo non parlare anche di Meta, ma lo faremo in modo diverso. 

Se vuoi contribuire a Monitor segnalandoci ricerche, pubblicazioni o notizie interessanti, scrivici a media@hermescenter.org

Continua la campagna RYF

Probabilmente non vi sarà sfuggito: dal novembre 2020 siamo partner italiani della campagna europea Reclaim Your Face, Riprenditi la faccia. Questa è portata avanti da più di 60 associazioni in tutto il continente attraverso un’iniziativa dei cittadini europei (ECI), ovvero lo strumento ufficiale EU che permette ai cittadini e alle cittadine di raccogliere firme per arrivare davanti alla Commissione Europea e richiedere—nel nostro caso—il divieto all’utilizzo di tecnologie biometriche all’interno degli spazi pubblici. Quest’ultimo è per noi un luogo da attraversare liberamente, in cui condividere le nostre esperienze e riunirci con la comunità in maniera attiva. Abbiamo spiegato cosa sono e perché ci interessano i sistemi di riconoscimento facciale che vengono utilizzati per fini securitari in questo articolo, così come le nostre ragioni contro la sorveglianza biometrica di massa in quest’altro. Almeno 15 paesi europei hanno sperimentato queste tecnologie negli spazi pubblici, 5 grandi città statunitensi le hanno invece vietate. Ma il nostro lavoro è, unito a quello di tutte le altre realtà che difendono i diritti umani digitali, quello di osservare con attenzione il contesto nel quale siamo inseriti: in questo articolo chiariamo quale impiego di queste tecnologie vi è nel nostro paese, a livello nazionale così come locale. Il nostro lavoro quotidiano è mosso dalla contrarietà a forme di pedinamento, monitoraggio, abuso e valutazione di chi siamo, cosa facciamo, quando e dove ci muoviamo, attraverso un algoritmo. 

Il bilancio della campagna in Italia è abbastanza positivo anche se, così come in altri paesi europei, la risposta politica è stata decisamente maggiore rispetto a quella dei cittadini. Le firme che abbiamo raccolto, all’uscita di questa newsletter, sono 63.089, di cui 3.442 in Italia. Dall’altra parte però, parallelamente alla bozza europea di regolamento sull’Intelligenza Artificiale—sulla quale esprimiamo grandi preoccupazioni soprattutto per la moltitudine di eccezioni all’utilizzo di sistemi di sorveglianza biometrica da parte delle FF.OO.—in Italia si sono ottenute due grandi vittorie a soli due mesi dal lancio della campagna. Ad aprile il Garante Privacy ha definito il sistema di riconoscimento facciale in uso alla Polizia di Stato una possibile forma di sorveglianza ed identificazione di massa che non può essere utilizzata. La seconda è una proposta di legge per una moratoria sull’utilizzo di tecnologie biometriche in Italia: la sospensione sarebbe fino al 31 dicembre 2021, ma saranno presto aperte delle audizioni in Commissione Affari Costituzionali in cui potremo far presenti i nostri dubbi in merito alla proposta e i punti cruciali sui quali non intendiamo indietreggiare. 

Per ultimo, due altri aggiornamenti. In questo articolo potete leggere la lettera che abbiamo inviato il 2 ottobre alle/agli europarlamentari a Bruxelles per esprimere il nostro disaccordo nei confronti delle proposte di emendamento al report Vitanov, che si concentra sull’uso di strumenti di IA da parte delle forze dell’ordine in Europa. Gli europarlamentari hanno espresso parere contrario agli emendamenti, bocciandoli. Secondo il Parlamento UE, quindi, la sorveglianza biometrica di massa deve essere proibita nelle attività di polizia. 

Anche il database EU di impronte digitali di migranti e richiedenti asilo, Eurodac, è tornato sotto i riflettori quando sono state proposte alcune modifiche che prima di tutto incidono in maniera trasversale sui diritti fondamentali dei migranti. In questo articolo abbiamo spiegato perchè Eurodac non è solamente uno strumento tecnico bensì un dispositivo di natura altamente politica e strategica, e non debba quindi essere modificato creando categorie privilegiate di cittadini o esseri umani. 


L’immacolata concezione dell’algoritmo di Facebook

Meta, il nuovo nome con cui si chiama l’azienda di Mark Zuckerberg, ha annunciato il 2 novembre l’intenzione di interrompere l’impiego del proprio sistema di riconoscimento facciale sulla piattaforma Facebook, utilizzato per taggare e riconoscere i volti nelle foto caricate dalle persone. Inoltre, Meta ha affermato di voler cancellare più di un milione di template estratti dai dati biometrici dei volti delle persone che aveva acquisito negli anni—stringhe alfanumeriche che identificano univocamente il volto di una persona, che per i computer sono l’equivalente delle nostre impronte digitali del volto. Una delle motivazioni principali nel post di annuncio della decisione è che il ruolo del riconoscimento facciale nella società “deve essere discusso alla luce del sole, e tra coloro che ne saranno più colpiti.”

Se a prima vista sembra una notizia positiva sotto ogni aspetto, un articolo di Gizmodo si infila negli spiragli che l’annuncio lascia aperti. Facebook—ci piace ancora chiamarlo così—ha introdotto questo sistema nel 2010 e quindi sono passati 10 anni, tempo in cui gli algoritmi di riconoscimento facciale sono stati affinati con i dati degli utenti. Ora l’azienda ha in mano un modello di algoritmo che secondo alcune stime è accurato fino al 97% e non ha alcuna intenzione di cancellarlo, a differenza dei dati biometrici. Per di più, Meta ha confermato a Gizmodo che lo stop del riconoscimento facciale riguarda solamente Facebook e non le altre app dell’azienda come Instagram. 

Sembra che Facebook abbia quindi spremuto finché ha potuto i dati dei propri utenti e ora sia alla ricerca di nuovi lidi in cui far fruttare l’algoritmo.

Studenti controllati: stessa sorte alla Bocconi

Lo scorso settembre il Garante privacy italiano è finalmente intervenuto sul tema dei sistemi di proctoring, usati per monitorare gli studenti universitari da remoto durante gli esami. Questi software registrano il volto della persona che sta svolgendo l’esame e ne monitorano i click e le azioni realizzate attraverso il computer. Il Garante ha sanzionato l’Università Bocconi con una multa di 200.000€ per aver usato Respondus, un software di proctoring appunto, senza fornire sufficienti informazioni ai propri studenti e in mancanza di una base legale per farlo.

Secondo il Garante infatti, Respondus verifica costantemente che la persona di fronte allo schermo sia la stessa, per evitare che qualcuno si sostituisca agli studenti o passi degli appunti. Per farlo il software sfrutta algoritmi che analizzano i dati del volto della persona e questo è al momento illegale in Italia. Per di più, il sistema che monitora le azioni svolte dallo studente ed eventuali situazioni anomale rappresenta, secondo il Garante, una profilazione degli studenti che può avere un impatto sulla loro sfera emotiva e psicologica. Al momento quindi la decisione dell’Autorità impedisce alle università italiane di usare software simili a Respondus.

Ci ricorda però anche che la sorveglianza biometrica si sta espandendo sempre più in ogni sfera delle nostre vite, e l’unica soluzione è chiedere un divieto di queste tecnologie.


tracking.exposed affianca IrpiMedia nel progetto #LifeIsAGame: dal 19 ottobre è online il form dedicato ai rider che vogliono fornire informazioni sul funzionamento degli algoritmi e delle app usate dalle piattaforme digitali di food delivery. L’attività di monitoraggio di tracking.exposed ha lo scopo di organizzare azioni legali collettive contro le piattaforme che violano i diritti dei lavoratori. Se sei un* rider, compila il form oppure condividilo!

Il progetto di software libero OONI ha pubblicato il primo report che analizza la censura dell’app Signal in giro per il mondo. Il gruppo di ricerca ha riscontrato il blocco per mezzo di tecnologia DPI a Cuba e in Uzbekistan. In Iran e Cina, invece, il blocco viene implementato per mezzo di interferenza a livello DNS. Prossimamente un’uscita in collaborazione con Mozilla, stay tuned!


Martedì 2 novembre abbiamo partecipato alle audizioni sul Decreto Capienze in Senato, qui potete rivedere l’intervento del nostro socio Giovanni B. Gallus, al minuto 25.


Pillole da Bruxelles

EAVI Conversations

EAVI, ONG con sede a Bruxelles che si occupa di media literacy, ha organizzato una serie di talk gratuiti online cui è possibile partecipare gratuitamente. Tra i temi trattati ci saranno AI, attivismo, fiducia nei media, disinformazione, tech sociey. Il programma completo e la registrazione è possibile a questo link.

AI, perchè sei tu AI?

La Commissione Europea ha lanciato una consultazione pubblica sulla responsabilità civile legata all’Intelligenza Artificiale, che sarà aperta fino al 10 gennaio 2022. Sul fronte dell’AI Act, la proposta di regolamento sull’Intelligenza Artificiale, prosegue lo scontro all’interno del parlamento EU su quale commissione debba guidare i lavori, questione che dovrebbe comunque risolversi questo mese.

I privacy pros si trovano a Bruxelles 

Il 17 e 18 novembre si terrà, di nuovo in presenza dopo la pausa dell’anno scorso, lo Europe Data Protection Congress della IAPP, la più grande associazione internazionale di professionisti della privacy che conta oltre 70.000 membri. Tra gli speaker Helen Dixon, garante irlandese della privacy.

Copyright, famolo strano

La notizia che non troverete nella sua completezza sui quotidiani di carta. L’Italia, nonostante le critiche mosse dall’Autorità Garante della Concorrenza e il Mercato, ha deciso di implementare la direttiva copyright in maniera del tutto originale e andando ben oltre quanto previsto dalla direttiva stessa e da quanto fatto dagli altri Paesi. Ne ha riportato alcuni passaggi controversi su Twitter Marco Scialdone di EuroConsumers.


Cos’abbiamo letto questo mese (e dovresti leggere anche tu)

In Finlandia la polizia ha usato i servizi della più controversa startup di riconoscimento facciale al mondo → Wired Italia

“Non a fianco di Frontex”. Chi si dissocia dall’accordo del Politecnico di Torino → Altreconomia

Privacy e cambiamenti climatici → Il Post

Digital Services Act: The EDRi guide to 2,297 amendment proposals → EDRi

Get out of our face, Clearview! → Privacy International

A whistleblower’s power: Key takeaways from the Facebook Papers → The Washington Post

I sistemi di riconoscimento facciale stanno arrivando nelle città italiane → Il Post

L’Europa sta spendendo più di 900 milioni per un maxi-sistema di dati biometrici → Wired Italia

Perché l’ultimo decreto del governo mette a rischio la protezione dei dati → Wired Italia

JO 2024 : la frénésie sécuritaire → Technopolice