AI Act: non accetteremo nessun passo indietro sul divieto al riconoscimento biometrico negli spazi pubblici.

Nonostante l’ultima bozza di legge dell’AI Act preveda il ban assoluto dei sistemi di riconoscimento biometrico negli spazi pubblici urbani, c’è la possibilità che i prossimi triloghi al Parlamento Europeo, in programma a breve, ribaltino la situazione.

Sono trascorsi più di due anni dalla prima presentazione ufficiale dell’AI Act, il regolamento che – se approvato dall’Unione Europea – normerà l’utilizzo dell’intelligenza artificiale in tutti gli Stati Membri. Si teme però che l’effettiva entrata in vigore possa essere ulteriormente rimandata rispetto ai termini sperati, cioè la fine di quest’anno, prima delle elezioni 2024.

«Ci vorrà almeno un anno, se non due, all’entrata in vigore dell’AI Act» ha dichiarato in un’intervista a Bruxelles Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per la concorrenza. Il testo, ultimato a fine aprile e votato al Parlamento europeo l’11 maggio scorso, attende ancora la plenaria di settimana prossima (13 giugno) a Strasburgo.

Nel frattempo, Vestager si augura di «arrivare al primo trilogo prima dell’estate, in modo da ottenere un risultato significativo entro la fine del 2023». È pur sempre vero che si tratta del primo regolamento dedicato all’intelligenza artificiale, tecnologia in costante evoluzione, anche se chi vende e lavora con questa tecnologia è già soggetto, in teoria, alla legislazione europea in materia di diritti fondamentali, tutela dei consumatori e sicurezza dei prodotti.

A rallentare il percorso legislativo dell’AI Act sono alcuni punti “spinosi”, già in precedenza oggetto di contestazioni, come l’impiego dell’AI nei sistemi di riconoscimento biometrico. Queste tecnologie funzionano grazie ad algoritmi in grado di riconoscere e identificare un individuo a partire dai cosiddetti “dati biometrici”, ovvero impronta digitale, immagine facciale, voce, DNA e altre caratteristiche uniche per ognuno di noi.

Cosa accadrebbe se istituzioni e/o privati entrassero in possesso delle informazioni sensibili raccolte tramite reti di videosorveglianza poste in aree pubbliche? Sono numerosi i precedenti, fuori dall’Europa, che fanno riflettere sui risvolti antidemocratici di questo ipotetico scenario. Sia i recenti arresti in Iran sia le incursioni della polizia statunitense nelle case dei manifestanti BLM nel 2020, infatti, sono una diretta conseguenza dell’identificazione biometrica.

Insieme a info.nodes e The Good Lobby Italia abbiamo lanciato, la campagna Don’t Spy On Us EU”, volta a sensibilizzare gli europarlamentari rispetto al proprio voto sull’AI Act. Presentato poco prima della seduta dell’11 maggio, il sito è unico nel suo genere: sulla piattaforma è possibile sottoporre i volti degli europarlamentari a un algoritmo di riconoscimento facciale e generare deepfakes, con tanto di premi per le proposte migliori.

La nostra richiesta è chiara e semplice: vogliamo che le tecnologie di riconoscimento biometrico siano vietate negli spazi pubblici delle nostre città.

La bozza attuale dell’AI Act (consultabile a questo link) sembra essere in linea con le istanze presentate dalle organizzazioni europee impegnate nella tutela dei diritti digitali del cittadino – tra cui, oltre a noi, EDRi – European Digital Rights, la più importante rete europea in questo settore. L’ultimo voto ha infatti confermato il divieto assoluto dell’utilizzo di tecnologie di riconoscimento biometrico negli spazi pubblici urbani. È una promessa? Si vedrà nella prossima plenaria e soprattutto nei successivi triloghi.

Per questo continueremo a monitorare l’iter dell’AI Act e a fare pressione sulle istituzioni europee, perché non cedano su questo punto per noi cruciale in termini di libertà e tenuta democratica.