La moratoria sul riconoscimento facciale approvata ieri in Italia ci ricorda perché dobbiamo chiedere un divieto

La moratoria sul riconoscimento facciale approvata in Italia ci ricorda perché dobbiamo chiedere un divieto

Ieri, 1 dicembre 2021, il Parlamento italiano ha introdotto una moratoria sui sistemi di videosorveglianza che impiegano tecnologie di riconoscimento facciale.

Questa legge introduce per la prima volta in uno stato membro dell’Unione Europea una moratoria sull’impiego di questi sistemi in luoghi pubblici o aperti al pubblico, e riguarda alcune autorità pubbliche e tutti i soggetti privati. Questa moratoria è un risultato importante perché pone l’attenzione sui pericoli per i diritti e le libertà delle persone derivanti dall’uso indiscriminato di tecnologie come il riconoscimento facciale. La durata prevista della moratoria è fino al 31 dicembre 2023, a meno che non sia introdotta una nuova legge sul tema della sorveglianza biometrica.

I soggetti privati come ad esempio negozi, palazzetti sportivi e mezzi di trasporto non potranno utilizzare sistemi di videosorveglianza con riconoscimento facciale. Si tratta di un importante successo per la coalizione italiana di Reclaim Your Face che nell’ultimo anno ha chiesto di vietare questo tipo di tecnologie a livello europeo. Nella coalizione italiana, insieme al Centro Hermes, ci sono anche Associazione Luca Coscioni, Certi Diritti, CILD, Eumans, info.nodes, The Good Lobby, Privacy Network, Progetto Winston Smith, e StraLi. 

Il nodo irrisolto

Allo stesso tempo, però, questa moratoria costringe l’Italia a fare un notevole passo indietro per quanto riguarda l’uso di queste tecnologie da parte delle autorità giudiziarie e dei pubblici ministeri.

Fino a questo momento, le autorità di polizia e quelle giudiziarie (inclusi i pubblici ministeri) previste nel decreto legislativo 18 maggio 2018, n. 51 avrebbero dovuto chiedere un parere al Garante privacy prima di utilizzare tecnologie come il riconoscimento facciale poiché implicano il trattamento di dati personali che possono avere un grave impatto sui diritti e sulle libertà dei cittadini. Con le modifiche introdotte con questa moratoria, l’autorità di polizia giudiziaria e il pubblico ministero sono invece esentati da questo tipo di controllo preventivo.

Questa modifica è ancor più grave se si tiene in considerazione il fatto che il codice di procedura penale non contiene dettagli e specifiche per l’impiego di sistemi di riconoscimento facciale: non vi sono distinzioni sulle tipologie di reato per cui possono essere impiegati né dettagli sulla durata dell’impiego di queste tecnologie. Ciò significa che potremmo trovarci nella situazione in cui un pubblico ministero richiede l’impiego di un sistema di riconoscimento facciale in tempo reale per verificare l’identità delle persone che si incontrano con una persona indagata mentre questa è in una piazza pubblica, dove transitano altre centinaia di persone che nulla hanno a che vedere con l’indagine ma i cui dati biometrici vengono comunque raccolti e analizzati dal sistema di riconoscimento facciale. 

Come siamo arrivati qui

Il Garante privacy ha già sottolineato la pericolosità del riconoscimento facciale in tempo reale nel suo parere al Ministero dell’Interno: l’uso del riconoscimento facciale e di altre identificazioni biometriche negli spazi pubblici costituisce una sorveglianza di massa, anche quando le autorità stanno cercando individui specifici presenti in una watch-list. Questo perché, come hanno sottolineato il Garante europeo della protezione dei dati (GEPD) e il Comitato europeo per la protezione dei dati (EDPB), i dati personali e la privacy di chiunque passi in quello spazio sono indebitamente violati da tale sorveglianza.

Di fatto, questa legge segue e porta agli estremi quanto previsto dal regolamento proposto dalla Commissione Europea sull’intelligenza artificiale (AI Act) che pur introducendo la possibilità di vietare tecnologie di sorveglianza biometrica crea ampie eccezioni per quanto riguarda le attività di polizia e giudiziarie. 

Come ricordato dalla recente lettera di EDRi firmata insieme a 119 associazioni, le eccezioni previste nell’AI Act “minano i requisiti di necessità e proporzionalità della Carta dei diritti fondamentali dell’UE e dovrebbero essere rimosse.”

Inoltre, recentemente sono trapelate le intenzioni del Consiglio dell’Unione Europea di rendere possibile ad attori privati di operare sistemi di sorveglianza biometrica di massa per conto delle forze di polizia, e di estendere gli scopi per cui tali sistemi possono essere utilizzati nell’ambito della proposta di legge sull’intelligenza artificiale dell’UE. I piani sono delineati in un rapporto sullo stato di avanzamento delle discussioni pubblicato da Statewatch

Un piccolo passo indietro è stato fatto quindi anche in Italia con le eccezioni concesse alle autorità di polizia giudiziaria e ai pubblici ministeri. La moratoria adottata oggi è comunque un risultato importante, che ci ricorda ancora di più però come l’unica soluzione accettabile sia ottenere il divieto di utilizzo di tutte le tecnologie per la sorveglianza biometrica nei confronti di tutti i soggetti, e non solo limitato al riconoscimento facciale. 

Per questo, con la campagna Reclaim Your Face continuiamo a chiedere a gran voce il ban di queste tecnologie. Firma anche tu la petizione!